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Miniera Serbariu Carbonia

Il cuore di carbone della Sardegna del Novecento

Introduzione

Nel tessuto urbano di Carbonia, alle porte meridionali della città, sorge uno dei più importanti simboli dell’epopea mineraria sarda del XX secolo: la miniera di Serbariu. Dedicata all’estrazione della lignite, fu la prima vera miniera moderna di carbone in Sardegna e ha rappresentato, sin dalla sua nascita negli anni Trenta, il motore energetico e occupazionale di un intero territorio.


Dove si trova

La miniera si trova nella periferia sud di Carbonia, nei pressi della linea ferroviaria. È accessibile attraverso una piccola strada sterrata, facilmente raggiungibile sia in auto che a piedi dal centro cittadino. Nonostante la sua vicinanza all’abitato, il complesso appare oggi come un frammento sospeso nel tempo, tra strutture restaurate e rovine ancora da recuperare.


Descrizione del sito minerario

Il villaggio minerario di Serbariu comprendeva:

  • Uffici amministrativi e tecnici
  • Una centrale elettrica in cemento armato
  • Una laveria moderna per il trattamento del carbone
  • Due castelli metallici per l’estrazione dai pozzi profondi oltre 100 metri

Il paesaggio circostante è privo di vegetazione rigogliosa: domina il grigio del cemento, che crea un contrasto affascinante con lo sfondo naturale del Monte Sirai.


Storia della miniera

Il bacino di Serbariu fu individuato e studiato negli anni Trenta dai tecnici dell’ACAI (Azienda Carboni Italiani), su impulso del regime fascista e della visione autarchica promossa da Benito Mussolini. Il carbone sardo diventava così risorsa strategica nazionale.

Nel 1938 si raggiunsero livelli produttivi altissimi, anche grazie alla costruzione dei pozzi e delle gallerie con tecnologie all’avanguardia. Tuttavia, lo stesso anno fu segnato da una tragedia: cinque minatori persero la vita a causa di infiltrazioni d’acqua in galleria.

Nel 1940 la miniera contava 3.000 operai, più personale ausiliario per trasporti e impianti. Nonostante la mole di carbone estratto, la logistica di spedizione mostrava carenze e la produzione riforniva principalmente i centri vicini e la centrale di Santa Gilla a Cagliari.


Il secondo dopoguerra e la ripresa

Dopo una fase di crisi legata alla guerra, fu solo nel 1945 con la presidenza di Chieffi alla Carbosarda e l’ingegner Rostan all’ACAI che la miniera ritrovò slancio. Fu avviato un progetto di collegamento strategico tra Serbariu e le miniere di:

  • Tanas
  • Cortoghiana
  • Bacu Abis

Questo creò un distretto minerario integrato che, nel 1947, riportò Serbariu al massimo storico di produttività tra tutte le miniere di carbone dell’isola.


Il declino e la chiusura

A partire dalla fine degli anni Sessanta, la crisi del carbone e la concorrenza con altre fonti energetiche portarono a una drastica riduzione dei prezzi, dei volumi e degli impieghi. Nel 1971 la miniera cessò definitivamente l’attività.

Da allora, molti edifici sono rimasti in stato di abbandono. Tuttavia, alcuni spazi sono stati restaurati e fanno oggi parte del Museo del Carbone, inaugurato nel 2006 all’interno della Grande Miniera di Serbariu, divenuta polo culturale e testimonianza del passato industriale del Sulcis.


Stato attuale

Il sito è in parte riqualificato e fruibile grazie al Centro Italiano della Cultura del Carbone, che ospita:

  • Visite guidate nei pozzi e nelle gallerie
  • Esposizioni permanenti e temporanee
  • Attività didattiche per scuole e turisti

La parte ancora non recuperata, invece, conserva l’aspetto di un villaggio fantasma industriale, silenzioso ma potentemente evocativo.


Curiosità

  • I castelli metallici per l’estrazione, ancora visibili, sono tra le strutture minerarie più iconiche della Sardegna.
  • Il museo ospita anche strumenti originali, documenti storici e riproduzioni fedeli degli ambienti di lavoro.
  • Il Monte Sirai, sito archeologico punico, offre uno sfondo sorprendente al paesaggio industriale.

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