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Miniere e Scioperi nel Sulcis Iglesiente

Il volto umano della miniera: lotta, dignità e memoria collettiva

Introduzione

Dietro le maestose laverie, le gallerie sotterranee e i castelli d’estrazione delle miniere del Sulcis Iglesiente, si cela una storia fatta di fatiche immani, ingiustizie sociali e grandi battaglie per i diritti dei lavoratori. Il movimento operaio minerario della Sardegna sud-occidentale ha segnato profondamente la storia italiana del lavoro, diventando simbolo di lotta e dignità.


Le prime rivolte: Buggerru 1904

Il primo evento che scosse le coscienze fu lo sciopero del 1904 a Buggerru, definito “la prima rivolta operaia italiana repressa nel sangue”.
I minatori, sfruttati da turni massacranti e condizioni insalubri, reclamarono miglioramenti salariali e orari più umani.
La risposta fu violenta: l’intervento dell’esercito causò la morte di tre operai. L’eco della repressione arrivò fino a Roma, provocando aspri dibattiti parlamentari.


Gonnesa 1906 e Iglesias 1920

Due anni dopo, nel maggio 1906, un nuovo sciopero coinvolse Gonnesa, in particolare i lavoratori della miniera di San Giovanni. Le tensioni sociali erano ormai diffuse in tutto il bacino minerario.
Ma fu Iglesias, nel 1920, a vivere uno dei momenti più drammatici: durante una manifestazione, ci fu un vero e proprio conflitto tra forza pubblica e operai, che causò la morte di sei persone e oltre venti feriti.
Il governo istituì una commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro, che però offrì un quadro falsato della realtà, alimentando ulteriore sfiducia e rabbia tra i lavoratori.


La lunga lotta del 1948 a Carbonia

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Sulcis visse un’altra stagione di lotte. Il settembre 1948 segna l’inizio di uno sciopero storico di 72 giorni a Carbonia, cuore pulsante del carbone italiano.
La Carbosarda, società statale che gestiva le miniere, era sotto pressione. Gli operai, circa 18.000, scesero in piazza per motivi sia politici che economici, temendo la fine dell’intero comparto.
Alla fine della protesta si ottennero alcuni risultati positivi, soprattutto per Serbariu, Cortoghiana e Bacu Abis, ma il timore per il futuro restò forte.


Gli anni ’60 e ’70: la crisi si intensifica

Negli anni Sessanta, con l’uscita dei privati dal settore, subentrarono nuove società pubbliche come:

  • AMMI
  • Carbosarda
  • Carbosulcis
  • Piombo Zincifera Sarda
  • Ente Minerario Sardo
  • ENI
  • SAMIM

Nonostante lo sforzo statale, la produzione diminuiva e le miniere diventavano sempre più anti-economiche. Iniziava così la lunga e dolorosa fase di declino e dismissione.


Fluminimaggiore e Carbonia: la stagione delle ultime lotte

Nel gennaio 1978, 500 minatori della Piombo Zincifera di Fluminimaggiore entrarono in sciopero contro i licenziamenti.
Il mese successivo, oltre 7.000 lavoratori sfilarono a Carbonia, denunciando la crisi occupazionale.
Gli scioperi proseguirono per tutto l’anno, culminando in una grande mobilitazione a novembre contro la SAMIM, accusata di voler smantellare definitivamente il comparto metallifero.


Gli ultimi fuochi di resistenza

Durante gli anni Ottanta e Novanta si verificarono scioperi a oltranza, occupazioni di gallerie, cortei e manifestazioni, sempre meno ascoltate dalle istituzioni.
Nel 1995, gli ultimi cantieri metalliferi chiusero i battenti, segnando la fine dell’epopea mineraria del Sulcis Iglesiente.


Memoria collettiva e identità

Oggi, queste lotte vivono nella memoria collettiva del territorio. I monumenti, i musei minerari e i siti industriali dismessi sono più che resti del passato: sono luoghi della dignità e del coraggio di intere generazioni di uomini e donne.
Valorizzare questo patrimonio significa anche onorare le battaglie per il lavoro e la giustizia sociale.

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