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Percorso Storico Minerario: Il Periodo antico 1

Dall’ossidiana ai metalli preziosi: la Sardegna mineraria nei secoli

Introduzione

La vocazione mineraria della Sardegna affonda le sue radici nella notte dei tempi. Già durante il Neolitico, il sottosuolo sardo offriva materiali preziosi che cambiarono il destino dell’isola. Con questo articolo inauguriamo un viaggio nel tempo per raccontare l’evoluzione delle miniere del Sulcis Iglesiente, partendo dal Periodo Antico, tra archeologia, storia e leggende.


Le prime estrazioni: l’ossidiana del Neolitico

I primi minatori della Sardegna non cercavano ancora metalli, ma pietre utili e versatili, capaci di diventare utensili, punte di frecce o oggetti ornamentali.
Tra tutte, l’ossidiana – vetro vulcanico nero e tagliente – fu il materiale più ricercato.

  • Proveniva in gran parte da Monte Arci, ma fu diffusa in tutta l’isola, inclusa l’area del Sulcis.
  • Lavorata con abilità, veniva scambiata lungo rotte commerciali mediterranee sin dal V millennio a.C.

Questa prima fase pose le basi per un’economia legata allo sfruttamento del sottosuolo.


Il periodo nuragico: l’età del bronzo

Con il Periodo Nuragico (1700-500 a.C.) la Sardegna divenne una vera potenza metallurgica nel Mediterraneo:

  • Si sviluppò la fusione del bronzo, una lega di rame e stagno, ideale per utensili, armi e oggetti rituali.
  • Sono numerosi i reperti rinvenuti nel Sulcis Iglesiente: bronzetti votivi, armi, vasi, oggetti per la casa e per il lavoro.
  • La tecnica metallurgica nuragica era così avanzata da attirare l’interesse di popoli stranieri.

Fenici e Cartaginesi: perfezionamento della tecnica

Con l’arrivo dei Fenici (a partire dall’VIII sec. a.C.) e successivamente dei Cartaginesi, si sviluppò:

  • L’estrazione del ferro e dell’argento,
  • Il raffinamento delle tecniche di fusione e di scavo,
  • La nascita di insediamenti costieri legati al commercio dei metalli.

Le coste del Sulcis, vicine a Sant’Antioco, Portoscuso e Iglesias, furono nodi fondamentali per gli scambi.


L’epoca romana: l’industrializzazione del sottosuolo

Con la conquista romana della Sardegna (238 a.C.), le miniere passarono sotto controllo imperiale.
L’estrazione divenne sistemica e su larga scala, soprattutto per:

  • Piombo, utilizzato anche per le tubature e gli acquedotti,
  • Argento, impiegato per monete e ornamenti.

Una delle località più significative fu Metalla, identificata con la zona di Grugua, tra Iglesias e Fluminimaggiore:

  • Qui si trovano ancora tracce evidenti come la galleria Su Presoni, dove operavano schiavi e condannati.
  • Restano visibili costruzioni romane, silos, resti di fonderie e cunicoli di scavo.

Il crollo dell’Impero e il declino minerario

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), la Sardegna entrò in un lungo periodo di isolamento e regressione:

  • I commerci diminuirono drasticamente,
  • Le miniere furono abbandonate,
  • La tecnologia estrattiva andò persa o ridotta al minimo.

Per secoli, l’attività mineraria si fermò, lasciando solo le vestigia di una civiltà mineraria avanzata e la memoria dei primi “minatori” della storia sarda.


Conclusione

Il periodo antico è il primo capitolo di un lungo e affascinante racconto. Dalla pietra all’argento, il Sulcis Iglesiente fu un crocevia di popoli, tecnologie e ricchezze nascoste. Un’eredità ancora visibile nei reperti archeologici, nei siti minerari abbandonati e nei nomi delle località che raccontano, silenziose, le origini profonde della Sardegna mineraria.

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