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Percorso Storico Minerario: Il '900

Il secolo scorso iniziò con interessanti prospettive di sviluppo per tutta la Sardegna mineraria.

Il 19 ottobre 1900 ci fu una grande inaugurazione dedicata all’imprenditore inglese Thomas Alnutt Brassey che rivelò diverse miniere. In seguito controllò anche la Società Malfidano e le miniere di Buggerru.

Intorno al 1903 venne realizzata dalla Società Monteponi una potente centrale elettrica a Portovesme che utilizzava come combustibile il carbone estratto dalle miniere del Sulcis. La diffusione dell’energia elettrica, pur essendo lenta e graduale, iniziava a toccare anche altri settori in via di sviluppo, come quello dei trasporti.

Nel 1904 fu inaugurata l’importante ferrovia elettrica che collegava Acquaresi con Cala Domestica, il convoglio era costituito da sei vagoncini, viaggiava alla velocità di 12 km all’ora, veniva alimentato da un filo aereo e trasportava più di 2 tonnellate di minerale per viaggio. Nello stesso anno si verificarono importanti episodi sociali a cominciare dallo sciopero dei minatori di Buggerru che finì in modo drammatico, infatti, tre operai persero la vita in un duro scontro con la forza pubblica. Questo fatto fu solo l’inizio di una lunga serie di lotte in cui i minatori cercavano di far valere i loro diritti. Nello stesso periodo fu introdotta la flottazione, un progresso della chimica industriale che migliorava il trattamento dei minerali.

Sino allo scoppio del primo conflitto mondiale tutta l’isola e in particolare il Sulcis Iglesiente vissero momenti molto positivi e di grande sviluppo. Lo scoppio della guerra invece portò una situazione di emergenza e di crisi per il settore estrattivo, furono chiusi i mercati, si verificò un duro e improvviso blocco produttivo a causa della mancanza di materiali di ricambio, di combustibili e soprattutto a causa dell’abbandono delle miniere da parte di numerosi operai chiamati alle armi. Le miniere furono poi sottoposte a regime militare e strettamente controllate dall’esercito.

Intorno al 1920 si verificarono numerosi avvenimenti sociali e politici che per un certo periodo bloccarono il progresso e lo sviluppo estrattivo.

Il 1° gennaio 1926 entrò in funzione a Monteponi uno stabilimento per la produzione dello zinco elettrolitico grazie al perfezionamento e all’applicazione dell’energia elettrica con la chimica industriale. Per quanto riguarda i trasporti l’opera più interessante si deve all’ingegnere Cesare Vecelli, direttore della miniera di Masua, che realizzò l’importante imbarco di Porto Flavia. Il minerale estratto, attraverso un binarietto, veniva condotto verso il mare e tramite un braccio mobile scaricava, con estrema precisione, il materiale nella stiva delle navi che si accostavano alla scogliera per imbarcarlo.

Nel 1929 però si verificò una grave crisi, il governo fascista tentò importanti misure di salvaguardia e istituì l’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale. Nonostante i tanti tentativi per superare la crisi alcune fra le più importanti miniere, tra cui Malfidano, Arenas e Nebida, furono costrette a interrompere l’attività produttiva.

Gli anni Trenta siglarono un bel momento della produzione estrattiva del Sulcis Iglesiente, anche grazie alle nuove disposizioni legislative che ne salvaguardavano la produttività. A Monteponi ci fu un ulteriore perfezionamento nella lavorazione dello zinco a livello elettrico e nel 1933 la Società mineraria di Montevecchio, tra i comuni Guspini e Arbus, siglò un accordo con la Società Monteponi per costituire la Società Italiana del Piombo. Contemporaneamente il settore carbonifero continuava il suo indisturbato sviluppo, anche grazie alla nascita dell’AcaI, Azienda Carboni Italiani, una società che diede una svolta decisiva a tutto il sistema produttivo del Sulcis e alla fondazione di Carbonia, la grande città operaia fondata nel 1938 da Mussolini e organizzata su uno stretto regime fascista con la grande piazza quadrata, con la Casa del Fascio, con la Casa Comunale e con un rigido sistema di due strade parallele che portavano gli operai e i dirigenti alla miniera e li distingueva così gerarchicamente. Intanto la produzione del carbone toccava picchi vertiginosi e in pochi anni aumentò notevolmente. Carbonia divenne in poco tempo importantissima per l’economia industriale.

Anche dopo il secondo conflitto mondiale la produzione carbonifera era abbastanza soddisfacente.

Intanto i carlofortini continuavano indisturbati la loro attività estrattiva che si considerò efficiente sino al 1950.

Nel 1956 si verificò un abbassamento del valore dei metalli nei mercati internazionali e si creò una profonda crisi del settore estrattivo isolano soprattutto perché le miniere erano piccole e perché mancavano le fonderie adeguate per eseguire un lavoro completo che portavano le miniere spesso a dipendere l’una dall’altra. Mancava poi la vendita dei prodotti finiti. A causa di questi problemi la Società Monteponi chiuse i cantieri che producevano meno.

Negli anni Sessanta si segnò un importante svolta direzionale, lo Stato cominciò a partecipare attivamente alle varie attività produttive minerarie sarde. Nel 1968 fu costituito l’Ente Minerario Sardo, intanto l’AMMI si occupava delle miniere di Masua, Nebida, San Benedetto e Rosas. Intanto il settore carbonifero non produceva più agli stessi livelli, finita l’era autarchica, le miniere del Sulcis si scontrarono con una dura concorrenza. Si verificarono forti perdite che provocarono un aumento dei debiti, causarono problemi tecnici e numerosi costi di gestione, solo le attività veramente redditizie continuarono la produzione, molte furono costrette a chiudere.

Sino al 1994-95, dopo gli accordi stipulati tra Sindacati, Regione ed Eni le miniere produttive erano gestite dalla S.M.I., Società Mineraria Iglesiente. Dal 1996 tutte le miniere aperte e ancora produttive vennero chiuse e i minatori introdotti in alcuni lavori di ripristino ambientale, ma tanti altri persero il lavoro.

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