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La vita sociale - La salute - La famiglia

La vita sociale:

I minatori lavoravano per circa 10 - 12 ore al giorno, passatempi e svaghi erano molto limitati, soprattutto per chi aveva una famiglia. I giovani invece passavano il poco tempo libero nei bar del paese, chiacchieravano, giocavano e bevevano. Lo sport era poco praticato, ma era uno degli argomenti più gettonati. Un notevole mutamento della vita fuori dal lavoro si ebbe al principio degli anni Trenta con l’avvento del fascismo, che organizzò numerosi circoli per minatori dove si poteva leggere e ascoltare la radio.

Per la maggior parte dei minatori, la vita sociale si riduceva ai soli rapporti con i vicini, che d’estate si ritrovavano lungo le strette stradine e d’inverno attorno ai caminetti.

L’unico momento di vero svago erano le feste, accolte con gioia da adulti e piccini. Spesso coincidevano col giorno di paga, quindi era una doppia festa. Oltre le classiche feste la più importante per i minatori era quella in onore di Santa Barbara, loro patrona, che si festeggia ancora oggi il 4 dicembre. In occorrenza di questa festa, a cui partecipavano tutti, non si lavorava e i villaggi organizzavano processioni, balli e varie manifestazioni.

La salute:

I minatori erano continuamente esposti a correnti d’aria fortissime, polveri e umidità, in più lavoravano in condizioni igieniche davvero precarie.

In queste condizioni si scavava, si sopportavano le vibrazioni delle perforatrici, il frastuono dei macchinari e si spingevano pesanti vagoni carichi di minerale, il tutto accompagnato da innumerevoli pericoli che il lavoro di miniera implicava.

A parte le vittime e gli infortuni una delle malattie più comuni era la silicosi, una malattia professionale dovuta all’inalazione della polvere di silice che provocava una grave difficoltà respiratoria. Altre malattie diffuse erano la bronchite, il tracoma, l’enfisema polmonare, la scabbia, le lesioni agli occhi, i dolori reumatici e la malaria. A peggiorare la situazione vi erano anche le scarse misure di sicurezza, la maggior parte dei minatori non utilizzava il casco e la mascherina, soprattutto nelle miniere minori. I minatori sardi risultavano, già all’età di 50 anni, inabili al lavoro. Non potevano lavorare per più di vent’anni, addirittura, secondo i ruoli, molti resistevano all’attività lavorativa solo pochi anni. La vita media nei centri minerari, sino all’800, era molto breve e a causa delle esposizioni continue si moriva ad appena 40 anni. Nel ‘900 la situazione migliorò, pur sempre con grandi rischi e pericoli.

La famiglia:

Le case dei minatori, umide e fredde, erano di pietra, con tetto in frasche, all’interno si trovavano un paio di stanze senza pavimento, un piccolo cammino e poche finestre. La famiglia che dipendeva da un minatore arrivava a mala pena a fine mese e non poteva certo permettersi spese extra o piccoli sfizi, erano invece ritenute fortunate le famiglie in cui lavoravano entrambi i coniugi o qualche figlio, in questo caso si potevano acquistare le scarpe e il vestito per le feste. A volte i minatori riuscivano ad allevare poche pecore e a coltivare un orticello, in quel caso riuscivano ad ottenere lo stretto indispensabile per la famiglia, il problema avveniva quando le famiglie erano numerose, in quel caso non bastava il solo orticello, che offriva prezzemolo, lattuga, pomodoro e cipolle.

Tale situazione permase sino agli anni Trenta del secolo scorso, dopo, soprattutto nelle grandi miniera, la situazione migliorò notevolmente. Furono istituite le scuole elementari per i bambini e numerosi altri servizi. La società mineraria offriva alle famiglie dei minatori maggiori servizi e sicurezze poiché anch’esse dipendevano completamente dal lavoro di miniera.

 
Pagina aggiornata al 20-Jul-2012 14:12
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